Washington, 25 febbraio 1986, martedì. Philip Guarino, esponente del Partito Repubblicano molto vicino a George Bush senior, rilegge il messaggio che gli è stato appena recapitato; un telegramma inviato da una località remota del Sud America, una sorta di codice cifrato: “Tell our friend the Swedish palm will be felled”. La firma è di un italiano, Licio Gelli, vecchia conoscenza di Guarino; alcuni anni prima, avevano entrambi sottoscritto un affidavit a favore di un finanziere, Michele Sindona. “Informa i nostri amici che la palma svedese verrà abbattuta”. Curioso: in Svezia non crescono le palme…
Stoccolma, 28 febbraio 1986, venerdì, ore 8.00. La giornata inizia con la consueta partita a tennis, prima di essere accompagnato dalle guardie del corpo a Rosenbad, il palazzo del governo svedese. Olof Palme, primo ministro, è di ottimo umore: ha battuto l’amico Schein in tre set e già pregusta l’imminente relax del week-end. E’ un venerdì di routine: l’appuntamento più importante è a metà mattina con l’ambasciatore iracheno, poi nel pomeriggio un’intervista. L’Onu ha affidato a Olof Palme il delicato incarico di arbitrato internazionale fra Iraq e Iran, in guerra da sei anni. Una guerra sanguinosa, sporca, un crocevia di traffico d’armi e operazioni coperte: l’Iran sta ricevendo segretamente forniture di armi attraverso una rete formata da pezzi dell’apparato politico/militare Usa; i proventi servono anche a finanziare l’opposizione dei Contras in Nicaragua. Difficile costruire una prospettiva di pace in queste condizioni: questo Palme lo sa, mentre ascolta l’ambasciatore iracheno. Ma c’è qualcosa di più grave che sta emergendo, di più spaventoso: la rete che fornisce armi all’Iran sembra agire ed avere strutture operative ramificate all’interno di diversi Paesi dell’Europa Occidentale. Anche nella civilissima Scandinavia.
Palme è una figura politica di primo piano e l’incarico Onu conferisce autorevolezza e peso alla sua azione su scala internazionale. L’incontro con l’ambasciatore si conclude alle 12.00; poche parole con alcuni collaboratori, poi Palme chiede di rimanere solo nel suo ufficio per alcune telefonate, prima di recarsi al pranzo con i colleghi di governo previsto per le 13.00. La sua segretaria è in pausa, non vengono trascritti i numeri e i destinatari delle telefonate in uscita. Alle 13.20, nella sala da pranzo di Rosenbad, i ministri attendono ancora il primo ministro, solitamente puntuale. Di lì a poco Palme entra in sala e si siede a tavola, senza salutare nessuno: è completamente stravolto, scuro in volto, i presenti lo descrivono come “furioso e sconvolto”. Uno dei ministri, per allentare la tensione, propone la via svedese per rilassare i nervi: “un buon bicchiere di acquavite per il nostro primo ministro”. Palme rifiuta, con un gesto rabbioso. Senza dare alcuna spiegazione ai presenti.
Stoccolma, palazzo Rosenbad, 28 febbraio 1986, ore 16.00. Recuperata la calma, Palme incontra un giornalista di una rivista sindacale, per una intervista programmata da tempo. Si parla del suo incarico Onu per il conflitto Iraq-Iran e del piano Meidner, il nuovo modello di partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili delle imprese, lanciato quattro anni prima dal governo. Palme risponde a tutto in modo cordiale. A conclusione dell’intervista avviene però un fatto strano, che il giornalista non può fare a meno di ricordare: chiede a Palme di mettersi in posa accanto alla finestra per una fotografia… “Meglio di no” risponde Palme “non sai mai cosa ti aspetta là fuori…”. Una frase in totale contrasto con tono e contenuti dell’intervista appena conclusa.
Stoccolma, 28 febbraio 1986, Città Vecchia, appartamento dei coniugi Palme, ore 18.30. “Al diavolo, avevamo deciso di andare al cinema questa sera e ci andremo”. Olof Palme congeda la scorta della Sakerhetspolisen (SAPO) dando appuntamento a lunedì: i servizi di sicurezza sanno che “il cliente” rimarrà senza scorta né copertura a partire da quella sera. Sono le 20.35 quando Olof Palme e sua moglie Lisbet escono dall’appartamento per raggiungere il Grand Cinema, dove è in programma Broderna Mozart, “I Fratelli Mozart” della regista svedese Suzanne Osten. Ad attenderli davanti al cinema, il figlio Marten e la fidanzata. Poco più distante, invisibile, un’ombra.
Alle 23.15, fuori dal cinema, le due coppie si congedano e i coniugi Palme si incamminano lungo Sveavagen, il grande viale nel cuore di Stoccolma, diretti a casa. Poche persone in giro a quell’ora. La coppia prosegue avvicinandosi alle vetrine di un colorificio, Dekorima, situato lungo Sveavagen all’angolo con Tunnelgatan, stradina pedonale al termine del quale una lunga scalinata conduce a Luntmakargatan, nella parte superiore della città: itinerario ideale per dileguarsi senza rischi. Proprio lì, nell’ombra, un uomo con un soprabito scuro, immobile, sembra attendere qualcuno. Lo nota Inge Morelius, una insegnante di musica seduta nella sua auto, poco distante.
Sono le 23.21: Olof e Lisbet Palme superano il negozio Dekorima; l’ombra nel buio si avvicina alla coppia, estrae una Smith & Wesson 357 Magnum e spara due colpi alla schiena del primo ministro, che crolla in una pozza di sangue. Lisbet urla e chiede aiuto, l’ombra si dilegua per sempre correndo verso Tunnelgatan.
Addendum. Per l’omicidio Palme viene condannato in primo grado nel 1988 un pregiudicato, Christer Patterson, prosciolto poi in appello del 1989 per mancanza di prove. Il 15 settembre 2004, Patterson contatta Marten Palme: desidera incontrarlo, ha qualcosa di importante da confidargli sulla morte del padre. Il giorno dopo, Patterson viene ricoverato in coma al Karolinska University Hospital con gravi ematomi alla testa. Muore il 29 settembre per emorragia cerebrale, senza mai aver ripreso conoscenza. Nell’aprile 1990 il quotidiano svedese Dagens Nyheter rivela la notizia del telegramma inviato da Licio Gelli a Guarino nel 1986, tre giorni prima dell’omicidio Palme. Contattando i colleghi svedesi un giornalista del TG1, Ennio Remondino, rintraccia e intervista le fonti, due agenti della CIA che confermano la notizia del telegramma, rivelando anche l’esistenza di una struttura segreta operante in diversi Paesi dell’Europa occidentale denominata Stay Behind (nella versione italiana, Gladio), coinvolta da decenni in traffici d’armi ed azioni finalizzate a “stabilizzare per destabilizzare”. L’intervista con uno dei due, Dick Brenneke, viene trasmessa dal TG1 nell’estate 1990 e provoca la reazione furibonda di Cossiga, il licenziamento in tronco del direttore del TG1 Nuccio Fava e il trasferimento di Remondino all’estero come inviato sui principali fronti di guerra.
L’arma del delitto non è mai stata trovata. L’omicidio di Olof Palme è un caso ancora aperto.